Perché oggi risulta così difficile coinvolgere e fidelizzare i collaboratori nell’organizzazione aziendale?
L’epoca del cambiamento esponenziale, accelerato dalla rapida evoluzione tecnologica, sta profondamente mutando le dinamiche sociali e umane. Di conseguenza, ciò richiede una rivisitazione del concetto di leadership, poiché le dinamiche che motivano le persone a impegnarsi verso un obiettivo comune sono in evoluzione.
In un contesto aziendale, cerchiamo di identificare, secondo la nostra esperienza accanto agli imprenditori, le 5 regole auree che possono favorire e facilitare l’emergere di un nuovo modello per il leader d’impresa.
Prima regola: ispirare
Il modello gerarchico o direttivo, al giorno d’oggi, si dimostra controproducente nel suscitare ispirazione e coinvolgimento nei collaboratori. Diversamente, l’esempio si è rivelato il miglior modo per trasmettere valore.
Leader è colui, o colei, che guida la squadra sul campo, spalla a spalla con i collaboratori, indicando la giusta direzione verso il raggiungimento degli obiettivi comuni, con il proprio comportamento e grazie all’utilizzo del feedback. Questo può essere positivo, riconoscendo e premiando il successo, oppure costruttivo fornendo supporto e azioni correttive quando necessario.
Nel momento in cui serve intervenire in modo forte, il leader sul campo è pronto ad agire e a dare l’esempio nell’affrontare le situazioni più complesse.
Seconda regola: essere “umani”
Un leader che porta sé stesso sul campo, sa che può commettere degli errori. Riconoscere le proprie fragilità non è segno di debolezza. Al contrario, la capacità di ammettere i propri errori rafforzerà la fiducia dei collaboratori e il loro engagement perché riconosceranno l’onestà intellettuale e il rispetto che vengono riconosciuti loro.
Il leader che mostra ai propri collaboratori come gli errori possano divenire opportunità di miglioramento diventa una fonte di ispirazione per loro, incoraggiandoli ad adottare una mentalità di autovalutazione e autoapprendimento.
Terza regola: creare altri leader
La delega è uno strumento strategico che mette il leader dell’azienda nella condizione di poter rivolgere la propria attenzione sui temi che ritiene maggiormente significativi per la crescita della propria impresa.
Delegare è però un atto di fiducia: non significa semplicemente assegnare compiti, ma piuttosto concedere il potere di prendere decisioni e risolvere problemi.
In altre parole, chi viene delegato deve essere un leader capace di guidare la squadra nella direzione corretta verso gli obiettivi prefissati.
Quarta regola: mettere la persona al centro
Perché il processo di delega abbia successo, il leader – al netto della propria capacità di riporre fiducia nel prossimo – deve mettere la persona al centro.
Questa persona deve comprendere i propri punti di forza e di debolezza ed essere allenata nel poter sviluppare le proprie capacità. Investire nello sviluppo individuale non solo aiuta l’individuo a raggiungere il massimo potenziale, ma contribuisce anche al successo a lungo termine dell’organizzazione.
L’utilizzo di strumenti quali MBO e KPI sono raccomandati per diversi motivi: poter fare analisi precise basate sui numeri, saper misurare l’efficacia delle attività svolte, dare feedback oggettivi.
Quinta regola: allenare tre competenze fondamentali
Alla luce di quanto detto finora, per diventare un buon leader sarà quindi necessario allenare tre competenze fondamentali:
- Competenza cognitiva che permette di esaminare un problema e avvalersi delle proprie abilità per cercare delle soluzioni, valutarle e, infine, attuarle. Importante, oggi come oggi, è tenere una mente aperta e flessibile.
- Competenza emotivo-relazionale che aiuta il leader ad essere consapevole delle proprie e altrui emozioni, e abile nel gestirle e regolarle per affrontare le diverse situazioni che si propongono.
- Competenza realizzativa ossia la capacità di conquistare gli obiettivi ricorrendo alla propria esperienza e competenza professionale, prendendo decisioni anche in situazioni di incertezza, e assumendosene la responsabilità.
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